di Mauro Minervini (1946-2017) | |||
a giornata del 25 gennaio non sembrava essere nata sotto i migliori auspici. Avevo brillantemente superato i soliti problemi di riempimento della valigia, decidendo di indossare la pesantissima giacca che avevo preparato in considerazione dell’abbondante quanto insolita nevicata caduta nella nostra zona di caccia. |
Contavo comunque su un cambio leggero che ormai da tempo ho lasciato nella mia seconda patria per il caso di una repentina, frequentissima in Eire, mutazione delle condizioni atmosferiche. | |||
Il lago e la valle di Anascault sotto la neve | |||
Avevo poi dovuto risolvere in modo drastico, ed
apparentemente negativo, un altro importante problema. Per quante
cassette avessi cambiato, mi risultava impossibile mantenere il peso
delle munizioni entro il fatidico limite di |
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Le Sporting originali degli anni '80 e le loro attuali eredi | |||
Per quanto
abbia intensamente praticato la caccia in Irlanda negli ultimi dieci
anni, la cosa mi eccita ancora come la prima volta e mi faccio
regolarmente prendere dall’agitazione; quindi, col ceck in previsto
per le 18, arrivo all’Aeroporto Leonardo da Vinci alle 16. Disbrigo
le formalità, al posto di Polizia sono cortesi ed efficienti come
sempre; anche la “sicurezza “ del Leonardo oggi è in forma, riesco a
consegnare il fucile senza patemi, arrivo con tutta calma al
cancello d’imbarco, parto in orario. Il viaggio procede regolarmente
tra sobbalzi e scossoni dovuti a questo piovosissimo inverno ed
atterriamo in anticipo a Cork, con un noioso vento di traverso che
fa traballare l’aereo e sbiancare qualche passeggero meno abituato a
volare confrontandosi col “rough Irish weather”. |
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Anche
qui (ma questa non è una sorpresa) le operazioni di controllo
dell’arma sono velocissime, come il recupero del bagaglio. Faccio
tanto presto che incontro il pur puntualissimo “ Sabaudo”, l’amico
Pietro, sulla porta d’uscita mentre arriva in anticipo, e quindi con
tutta calma. |
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Saliamo in
macchina, ed il tempo mi rassicura: sono in Irlanda, non ho
sbagliato volo. Tuoni, lampi, raffiche di vento e pioggia
scrosciante mi accolgono come si conviene in questa tanto
meravigliosa quanto umida Terra. La strada per “casa” richiede
parecchio tempo, e quando finalmente mi infilo sotto il piumone nel
“Ardrinane Bread & Breackfast”sono circa le due del mattino. |
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Avevamo
già deciso di non cacciare durante il giorno successivo all’arrivo,
lunedì 26; in parte perché cercare e sparare beccaccini e beccacce
in palude e nel bosco richiede una certa forma fisica, un po’ per la
filosofia che ispira queste battute di caccia. Il volume del
carniere ci interessa molto relativamente, anche se naturalmente non
risparmiamo gambe e polmoni per incontrare un buon numero di animali
e facciamo di tutto per sparare dritto. Rifuggiamo, però,
dall’”ansia da prestazione venatoria”. Non subiamo il mito delle
carneficine, cerchiamo soprattutto di onorare il selvatico, il cane
ed il suo lavoro. Il pingue carniere che compare in queste pagine
(dal quale, per la verità e la cronaca, sono stati sottratti un
fagiano e qualche scolopacide, ceduti in omaggio agli accompagnatori
) è il frutto di diverse giornate di caccia, ottenuto tirando
esclusivamente sotto la ferma del cane, tranne che per la mattina
del venerdì durante la quale abbiamo cacciato in battuta. |
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Il lunedì,
come dicevamo, non si caccia; si fa un po’ di shopping e di turismo
al mattino, sotto la pioggia insistente, poi nel pomeriggio
raggiungiamo nella sua casa di Beaufort John Mangan. |
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Il
simpaticissimo Irlandese mi accoglie festosamente, e mi mostra il
trofeo, ancora in preparazione, del Red Irish Deer che ho abbattuto
alla fine dello scorso settembre; non è un Kapital, comunque è un
bel palco, molto robusto e regolare ... me ne sento gratificato |
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Con John ed il trofeo del Red Irish Deer | |||
Ci
raggiunge un gruppo di simpaticissimi colleghi francesi, clienti di
John; tra loro un notissimo giornalista venatorio, quel Henry Joly
che passa -a buona ragione- per grande esperto della beccaccia e
della sua caccia. |
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Rispolvero
il mio francese scolastico, Pietro -antica famiglia piemontese ed
altrettanto antica familiarità con la lingua di Molière- lo parla
bene e molto disinvoltamente, io sono parecchio arrugginito, ma mi
salva la faccia tosta; ci facciamo una lunga chiacchierata,
argomento ovvio beccacce, cervi, cinghiali, poi più whiskey va giù
più si allargano gli orizzonti e si parla un po’ di tutto. A
cominciare dai miei mugugni per averci regalato un Nizzardo che ha
sconvolto il “mio” regno delle due Sicilie, ricambiati da quelli dei
transalpini che si sentono imbarazzati da una signora Italiana della
quale fingerò di non aver ben capito l’identità. Il cameratismo tra
cacciatori viene cementato da un ottimo Borgogna e da un fastoso
salame di cinghiale francese, cui affianchiamo (nouvelle cuisine
ittico- venatoria gaelico-mediterranea o ignobile, innominabile
pasticcio?) salmone, pesce azzurro affumicato e di tutto un po’. Ci
salutiamo, ci scambiamo gli auguri di rito. Domani, la parola
passerà ai cani ed ai fucili. |
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A
proposito di fucili, Pietro ha un problema. Il suo Lebeau è disperso
nei cieli del mondo, non è dato sapere se, dove e quando potrà
recuperarlo. Userà il St. Etiènne cal 16 di John, una vecchia,
vissuta doppietta che balla come un Irlandese al suono del Bodràn e
del Thin Wistle, ma con la quale ha preso una certa dimestichezza. E
le cartucce cal 12 da |
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Sveglia
alle 7 e 30, abbondante Irish Breackfast, prima sorpresa positiva:
non solo non piove, ma nel cielo c’è solo qualche paffuta nuvola,
soffice e bianca come un ciuffo d’ovatta. Prendiamo comunque con noi
degli indumenti impermeabili, che il bel tempo duri più di qualche
ora è una scommessa che non ci sentiamo di sottoscrivere. |
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Partiamo
da Anascault verso le 8 e 30 del mattino; in Irlanda, in questa
stagione, è appena l’alba e inoltre, nelle abitudini venatorie dei
figli di Eirin non rientra la caccia nelle ore a cavallo tra luce e
buio. Durante la stagione è consentito insidiare la selvaggina in
qualsiasi ora del giorno e della notte, ma le cacce da appostamento
in genere e quelle “di posta”, all’alba ed al tramonto, non
incontrano i favori degli Irlandesi. In effetti, l’abbondanza e la
varietà di selvaggina sono tali che non avrebbe molto senso
svegliarsi ad ore antelucane per incrementare il carniere di qualche
capo. |
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Percorriamo parte del favoloso Ring of Kerry, immersi in un
paesaggio fiabesco che,dopo decenni, riesce ancora a rapire il
nostro sguardo. |
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Raggiungiamo Killorgrin, dove John mi affida al giovane e
collaudato amico Donald che ci accompagnerà con |
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Andremo a cercare beccacce e beccaccini nella Black Valley, attorno
alla sua casa avita, sulle colline dove in settembre ho abbattuto,
sempre in sua compagnia, un buon cervo Sika. Si, a beccaccini in
collina. Perché una delle caratteristiche di questa meravigliosa
Irlanda è che non esiste praticamente pendenza che impedisca il
ristagno dell’acqua. I beccaccini possono essere, e sono,
dappertutto. E dappertutto camminare su questo tipo di terreno è
durissimo. Macchia, cespugli di ginestra spinosa, ciuffi d’ erba e
sassi coprono terra e torba ovunque parimenti intrise d’acqua e
cosparse di pietre di ogni misura, costellate di buche mimetizzate
nella vegetazione, nelle quali anche i locali cadono a volte sino
alle ascelle. Camminare è comunque faticosissimo perché alle
difficoltà della salita si sommano quelle della terra molle e
fangosa che trattiene nella sua morsa piedi e caviglie e delle
rocce, solo elemento stabilmente solido, ma eternamente bagnate e
scivolose. |
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rocce, torba e ginestre | |||
La
pioggia del giorno precedente ha lasciato posto ad un sole tiepido e
splendente; sotto la sua luce, le pietre lustre d’acqua,l’erba e le
foglie luccicano e risplendono come coperte d’argento e di gemme.
L’acqua, l’ acqua che costituisce elemento essenziale del paesaggio,
della vita e della caccia in questo paese incantato. Sgorga da ogni
pietra, impregna il terreno, invade prepotente ogni panorama. La
vita dell’Isola di smeraldo è legata, forse più che in qualsiasi
altra parte del globo, a questo elemento |
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Percorriamo un primo tratto cespugliato, al bordo di un canalone
ripido, le pareti coperte di alberi e fitto sottobosco. Sul fondo
corre, schiuma, romba saltando da una roccia all’altra, un
tumultuoso ruscello. |
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Mist
svolge una cerca in stile di razza, veloce senza strafare, si vede
che si fida in pari misura del proprio naso e del proprio istinto. |
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Il suo
galoppo è potente, ma morbido. Felino, flessuoso come solo quello
del setter inglese può e deve essere. Quando il suo olfatto
percepisce il selvatico, sembra scivolare sul filo dell’emanazione,
Scende, seguendola, tra le rocce. Si schiaccia in terra, guida,
quasi toccando il terreno con lo sterno, si paralizza in una
splendida ferma, seduta come dovrebbe fare ogni setter degno di
questo nome. Il posteriore è flesso, quasi nella torba. La testa
gettata in avanti, lievemente girata verso il selvatico, il collo,
la schiena e la coda immobili lungo una sola linea. Dopo pochi
secondi è ormai quasi indistinguibile tra le grandi, tondeggianti
pietre, anch’esse bianche screziate di nero. Dalla mia parte non c’è
passaggio, neanche Pietro - dall’altro lato del corso d’acqua-
riesce a scendere. Donald si accosta a servire il cane, l’attesa è,
non sembra, lunghissima. Almeno dieci o quindici minuti durante i
quali Mist rimane perfettamente paralizzata tra grandi sassi
rotondi. Tengo la doppietta pronta, le canne leggermente in alto, le
braccia contratte, appena sollevate. La regina s’invola rumorosa -il
frullo di queste beccacce suona secco e metallico, quasi come quello
delle starne di un tempo - all’improvviso, troppo vicino a Donald ed
a Mist per poterle sparare prima che si copra nella vegetazione, poi
si impenna verso sinistra, scompare scartando tra alberi e cespugli,
risale fulminea la spalla del letto ed esce a tiro della mia
doppietta. La “vecchia” Sporting fa sentire la propria voce, e la
prima beccaccia è in terra tra le spinose ginestre, a poche decine
di metri da me. Resto fermo a marcare il punto, aspetto la setterina,
che non tarda a sopraggiungere, ed indico a Donald dove farla
cercare nel mare verde dei cupi cespugli rotto dal giallo splendente
dei fiori. Un breve assaggiare l’aria, una ferma d’accertamento
quasi impercettibile, e presto Mist torna verso di noi col lungo
becco che ballonzola da un lato della sua bocca.
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Si merita un “brava” ed una carezza.
Donald, innamorato della caccia e del proprio cane, mi guarda fiero
e declama nel suo italiano: “belle ferma, vero Maoro?” Sorrido, gli
batto la mano sulla spalla: ha un gran cane, è giusto che gli si
riconosca e che ne sia fiero. Pietro, abituato ormai da anni alle
morbide cartucce da un’oncia, mi chiede “mamma mia che botto, che
accidenti tiri?” Gli ricordo che, al contrario di qui, in Italia
sparare(spesso al solo animale della giornata) una cartuccia soft è
pratica sconsigliabile; io sono abituato da anni a queste cartucce e
cambiarle per altre in una cacciata importante mi pare poco
producente. |
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Poco dopo Mist è di nuovo in ferma |
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Percepisco, nettissimo, il frullo e una beccaccia
s’incolonna, monta dritta verso di me lungo la spalla di macchia. La
aspetto con molta, troppa calma, quando alzo il fucile si tuffa di
nuovo in basso e la fucilata la manca di un buon metro. Ne troviamo
ancora qualcuna lungo il torrente ed il bush di erica e ginestre,
poi decidiamo di cercare beccaccini sopra casa di Donald. Su un
passaggio difficile metto la doppietta in sicura, poggio di nuovo
solidamente i piedi in terra, salta nell'erba la lepre, il fucile
non spara. Peccato, sarà stranamente la prima e l’ultima a tiro in
tutta questa settimana. Siamo tra erbe alte, l’acqua ed il fango di
torba attanagliano le caviglie e i polpacci, i piedi sono
eternamente in bilico tra ciuffi d’erba e pozze d’acqua. L’ambiente
ricorda i falaschi delle nostre paludi, ma camminiamo lungo il
declivio, piuttosto ripido, di una collina. L’erba è alta, dorata,
spesso raccolta in grossi, ciuffi, fitti e duri, che ti costringono
a camminare alzando la gambe, quasi come
una biella,
dall’anca e piegando il ginocchio, per consentire al piede di
superarli. Scendiamo e saliamo, giungiamo su un’ampia zona piana
sulla quale l’acqua ristagna ancora più copiosa. Il cane ferma,
rompe, ferma di nuovo, torna indietro; i beccaccini gaelici pedinano
veloci come arvicole, “fanno la cavalletta” passando dietro le
spalle del cane in ferma per ripartire, poi, in un’altra direzione.
Proprio come le quaglie, ma quando decidono di mettersi in ala ti
ricordano di essere i Signori della palude e saltano cattivi,
scartano bassi a volo radente tra l’erba e le ginestre. Non nascondo
( perché dovrei?) che sui primi non riesco a concentrarmi abbastanza
da percepire –il che è fondamentale- il momento del frullo e faccio
qualche padella di troppo, poi le cose si normalizzano. Piove
pochissimo e solo per qualche minuto, non vale neanche la pena di
allacciare |
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torno indietro col ginocchio dolorante | |||
Sulla via del ritorno traversando un angolo del Killarney National Park scorgiamo a poche centinaia di metri un’Aquila che appollaiata su una roccia scruta la valle,forse alla ricerca dell’ultima preda della giornata. Pietro accosta l’automobile e si avvicina al maestoso rapace; questi tollera l’intrusione per qualche minuto e alcune centinaia di metri, poi s’invola lenta e solenne come un altezzoso Monarca importunato nella Sala del Trono | |||
Giornata
intensa e faticosa, ma non tanto da impedirci di passare di nuovo a
casa di John, e fare cameratesca bisboccia con i colleghi francesi.
Whiskey, rosso di Borgogna, carne alla brace fanno da contorno ai
racconti di caccia. Attorno all’ara pagana di Bacco e Diana ci
riconosciamo fratelli uniti dalla meravigliosa passione per cervi e
becchilunghi. Prima di andar via, ci mettiamo d’accordo per domani:
Donald accompagnerà due di loro, noi andremo a tentare la sorte nei
pressi di Glencar, Con un kurzhaar di John, accompagnati da
un gioviale e rubizzo
giovanottone il cui nome, Paddy, è Irlandese quanto il suo aspetto. |
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Indosso
una tenuta molto più leggera che per praticità in settembre ho
lasciato a Pietro nella sua casa di Tralee.. Ottima scelta che mi
consentirà, nei prossimi giorni, di non soffrire per la temperatura,
sempre superiore ai 10°, con punte ancora più alte nelle ore più
calde. |
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Il terreno stamane sembra un po’ meno faticoso, almeno nei primi minuti; ma le tracce frequenti dei cervi Sika lasciano intuire che non si tratta di un pratino da fagiani lanciati. Lasciata l’auto, risaliamo pere alcune centinaia di metri uno stradello, che ci porta su una sorta di pianoro, coperto –manco a dirlo.- di ginestre e grandi rocce. Il kurzhaar parte veloce, si gira di scatto, percepisco un frullo: s'involano insieme due femmine di fagiano, protette 365 giorni l’anno in tutta l’Eire, ed io resto con la doppietta a mezz’aria. Qualche centinaio di metri e la difficoltà del terreno si adegua alla media. Non è tanto molle, per una volta, ma enormi, viscide pietre ed un foltissimo bush, le onnipresenti ginestre spinose, ostacolano continuamente il passaggio, impedendo di procedere in linea retta per più di qualche metro. La vegetazione è alta, fitta e punge maledettamente mani e cosce, seguire il cane e servirlo è un problema di soluzione spesso non facile. Tiro un paio di buone beccacce, sulla seconda che mi esce improvvisamente alle spalle faccio veramente una bella fucilata, niente beccaccini. | |||
Le “Sporting”
fanno ottimamente il proprio mestiere, gli animali cadono bene, ma
sanguinano parecchio. Probabile effetto della fortissima umidità
combinata con |
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Mi ricongiungo con Pietro e John, torniamo indietro, incontriamo ancora qualche beccaccia ed un’altra fagiana che s’invola, anch’essa inseguita solo dal mesto sguardo del bracco. | |||
La solita,
fugace, colazione e di nuovo pomeriggio a beccaccini. Siamo in una
grande marcita, il terreno è tra i meno scomodi. Un velo d’acqua
ricopre, gran parte del piano Lucenti pozze d’argento brillano
nell’erba verde smeraldo ed i bassi cespugli sul bordo dei canali
promettono numerosi becchilunghi. Il Kurzhaar, (che in verità la
mattina sulle beccacce ha cacciato onestamente, ma senza
entusiasmarci) comincia a fare numeri nonostante il vento, forte ed
a raffiche, tenda a disperdere l’emanazione. Prende bene vento e
terreno, con un solido galoppo sicuro e redditizio. Ecco, rallenta
la propria corsa, il collo proteso, la canna
a bere l’aria e l’emanazione,
e rimane immobile sul bordo di un canaletto. Mi accosto, il
beccaccino che ha pedinato veloce frulla fortissimo, gneccando,
dietro e di fianco al cane, prende vento, s’impenna, luccica come
d’argento nel sole dorato del pomeriggio. Le due fucilate lo
salutano festosamente mentre scompare nell’immensa marcita. |
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Il Bracco riparte, cerca i selvatici con
costanza ed esperienza, ferma solido, guida e risolve su quelli – i
più- che pedinano. Il vento rende difficilissimo il tiro, incarnieriamo
qualche beccaccino, ma son parecchi quelli che seguitano a solcare
indenni i cieli d’Irlanda |
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Il giorno successivo, giovedì, pausa.
Anche per il sole, che si è nascosto dietro la spessa coltre di
nuvoloni color dell’inchiostro; la pioggia, di quella Irlandese DOC
che così la fanno solo da queste parti, ci accompagna coi suoi
scrosci per l’intera giornata, che dedichiamo allo shopping:
meraviglioso burro giallo come lo zafferano per mia moglie, una
provvista da rifugio atomico di Irish Breackfast Tea per la mia
unica e diletta erede, formaggi locali tanto saporiti quanto
misconosciuti, qualche prodotto in calda, ruvida ed impermeabile
lana al “Kerry woolmill” Concludiamo la mattinata nell’armeria di
Tralee, un negozio molto bello e ben fornito, con prezzi invero
allettanti dai quali, manco a dirlo, mi lascio allettare e compero
qualcosa di assolutamente inutile, ma conseguentemente altrettanto
assolutamente indispensabile (del resto |
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Stiamo
aspettando un nuovo ospite e ci dirigiamo all’aeroporto di Cork per
recuperarlo. Si tratta di |
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Sbarca all’aeroporto con il figlio adolescente ed il giovane nipote,
anche lui medico. I giovanotti restano a fare i turisti a Cork, noi
torniamo in zona operazioni. Uno sguardo, una stretta di
mano,quattro chiacchiere sulla via del ritorno e siamo già compagni
di caccia affiatati come vecchi amici. |
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Portiamo, ovviamente e doverosamente,
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La mattina
successiva il sole è tornato a splendere ( alla fine saranno 4
giornate di caccia senza prendere di fatto acqua, un vero record!).
Ci incontriamo a Killorgrin, poi via per il Gap of Dunloe, lungo il
quale si trova |
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La battuta si avvicina, qualcuno avverte
le poste col fatidico “woodcoock, woodcock” e finalmente una
beccaccia mi esce bassa davanti, mi punta dritta addosso, scarta
improvvisa sulla mia sinistra. La vecchia doppietta mi vien su come
da sola, la regina è in terra a pochi metri, tra le felci che
costeggiano il margine del bosco. Per evitare perdite di tempo ai
cani che sono ancora dentro la macchia, ricarico lo schioppo e la
vado a recuperare; mentre con la mano destra l’infilo nella
cacciatora, eccone un’altra egualmente veloce e bassa. Districo la
mano dal tascone, lei gira i tacchi e torna verso |
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I cani si allontanano, di nuovo si
avvicinano; improvvisa, sento pochi metri avanti a me la voce di uno
springer, particolarmente forte, nervosa, stizzita. D’istinto mi
sposto bruscamente di fianco. Dallo stretto passaggio che avevo
individuato, esce, gli occhi fiammeggianti,un cervo Sika, passa d’un
balzo la strada, lo specchio anale subito scompare nell’intrico di
rami e cespugli alle mie spalle. Conoscendo il caratterino di questi
piccoli cervidi, sono ben lieto di essermi rapidamente allontanato
dal suo percorso di fuga. |
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Ci muoviamo ancora, scendiamo in basso
lungo un più rado boschetto di abeti rossi; volano altre beccacce,
spariamo un po’ tutti; anche a me tocca la buona sorte di
incarnierarne un’altra che passa sfalchettando sulla cima degli
alberi e poi scende veloce mentre le lascio invano la prima
fucilata, che doppio subito con migliore fortuna. Torniamo lungo
l’altro lato della macchia,sento i battitori “chiamare” le beccacce,
qualche sparo, poi me ne viene una abbastanza veloce, un po’ alta ma
dritta sul fucile.. Come mi capita a volte quando il tiro si
presenta meno difficoltoso, l’aspetto troppo; sparo fuori tempo, e
se ne torna, seppure non propriamente tranquilla, nel suo bosco. È
la seconda, e sarà l’ ultima, padella a beccacce di tutta la
settimana. |
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Ancora un po’ di strada, si spara ancora
un poco. Rallentiamo per cercare una beccaccia abbattuta da Janot,
caduta in un tratto di macchia molto forte, poi appena recuperata
scendiamo di nuovo verso le automobili. A pochi metri ci fermiamo
per un’ultima stretta ; partono alcune regine, una mi viene di
traverso, la sbaglio con la prima canna e poi la fermo in aria con
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Ritrovo |
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Pausa pranzo, ci fermiamo come al solito
in un pub. Zuppa calda, una stout dalla schiuma cremosa, un piatto
di squisito agnello al forno. Salutiamo gli amici francesi, ci
vedremo a cena. Loro proseguono con Donald, noi siamo affidati a
Terry, un Irlandesone biondo, bianco e rosso, che rivela evidenti
tratti comuni con un altro più famoso Celta, Obelix. Con lui Suzy,
una deliziosa setterina bianco-arancio di taglia piccola, un pepe
dagli occhi vivacissimi. |
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Siamo sempre nella Black Valley. Sulla
sinistra un corso d’acqua, separato dalla strada da poche centinaia
di metri della solita erba allagata, mentre alla nostra destra
appare una bellissima spalla di macchia. Abbiamo abbattuto sia
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Scendiamo, Suzy allunga di alcune decine
di metri ed è subito in ferma tra l’erba, anche qui alta e
giallastra. Parte lungo un beccaccino, la doppietta sale da sola ed
io sparo senza guardare le canne, che “so” essere nella direzione
giusta; il beccaccino cade sulla seconda fucilata, |
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Anche |
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In poche ore ne incarnieriamo diversi, ci avviamo di nuovo
all’automobile. E’ parcheggiata lungo un piccolo sentiero, appena
sotto la bella spalla di macchia cui accennavo, quando |
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Suzy e
Terry-Obelix sono nella macchia a poche decine di metri da me, che
cammino nella parte bassa, |
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È
tardi, il carniere delle emozioni certo più importante di quello,
pur pingue, della selvaggina, è stracolmo. Ci avviamo chiacchierando
verso l’auto, i fucili aperti sul braccio, carichi solo per
l’eventualità di un’azione di Suzy che imponga di essere completata
dalla fucilata. |
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Siamo felici; abbiamo cacciato in modo classico e “pulito”; per quanto concerne me, ho sparato coi tempi, la “tecnica” ed i risultati di quando avevo molti anni in meno. Paolo ha egualmente fatto la sua parte con costanza, non so come spari e cacci abitualmente, ma qui si è dimostrato un ottimo cacciatore ed un altrettanto valido tiratore | |||
Ce n’é d’avanzo per arrivare a Beaufort,
da Jonh, con un sorriso indelebile stampato sul volto. I Francesi
sono meno allegri; uno di loro ha un improvviso attacco di febbre e
gli altri si son fidati troppo delle loro gambe. Hanno voluto
cacciare in montagna con Mist e Donald e la durezza del terreno ha
forse creato qualche problema di troppo. Rispondiamo in modo evasivo
alle loro domande sul carniere della giornata, ma Janot e Marcel lo
leggono nei nostri occhi che brillano e probabilmente ripensano alle
beccacce che solo per poco al mattino non sono entrate nel loro
tascone. |
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L’indomani, ultimo giorno di caccia, Pietro mi fa
una sorpresa: andremo a beccaccini, ma attorno ad un lago dal quale
spesso parte qualche branchetto di Anatre, nei pressi di Killarney.
E qui è doveroso un altro chiarimento sulle abitudini venatorie
degli Irlandesi. La caccia d’appostamento non è tra le loro grandi
passioni; le anatre, tantissime, si cacciano sulla levata e quindi
con esiti sempre molto incerti. Sto tentando di convincere Pietro a
convincere John perché a sua volta convinca Donald, che dovrebbe
parlare con Paddy perché sensibilizzi Darragh … e così via. Impresa
che parrebbe disperata, ma lo sembrava nella stessa misura, nel
1998, convincere i miei amici del Clare o qualsiasi Irlandese a
cacciare una beccacce Gaeliche col cane da ferma. Non poniamo limiti
alla divina provvidenza, alla forza della nostra grande passione ed
alla sensibilità venatoria di questa Gente, che vive la caccia con
grande sensibilità ed istinto. |
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Tra
parentesi, mi hanno convinto a portare altre cartucce; le mie vanno
bene, ma gli animali colpiti fanno effettivamente molto sangue.
Quelle che mi propongono le ho già sperimentate a beccacce e
beccaccini qui ed in altri terreni Irlandesi, non sono male, cedo
alle cortesi insistenze. Ma, non si sa mai, porto con me l’intera
riserva di cartucce “romane” |
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Arriviamo presto nei pressi di una grande
torbiera. A quattro o cinquecento metri da noi –in lieve discesa-
c’è un laghetto contornato da vegetazione molto fitta, dal quale
prende vita un corso d’acqua a sua volta fiancheggiato da alberi e
cespugli. Scendiamo dall’auto e ci separiamo; Pietro e |
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Anche questa
cagnetta, bianco-arancio, piccola e vivacissima come Suzy e,come
lei, sa bene cosa sia |
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Siamo alla Renault, dove recupero immediatamente le mie cartucce, e ci spostiamo di qualche chilometro; prima per mandar giù un boccone, poi per esplorare una nuova torbiera. |
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Arriviamo sul
nuovo terreno di caccia; il terreno è molto ondulato, ma
pianeggiante nella zona centrale,
dalla quale è stata evidentemente
estratta la torba; diversi ettari si trovano circa un metro e mezzo
più in basso del terreno circostante, e sono delimitati da uno
scalino molto netto, che delimita la zona che è stata sfruttata.
Evidentemente l’estrazione è stata interrotta da tempo e anche su
questa parte più bassa è ricresciuta l’erba. |
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Lady (che con Mist resterà nei miei ricordi come un cane eccellente,
tra i migliori che abbia visto in decenni di caccia cacciata) parte
subito di galoppo, e dopo pochi secondi è in ferma. La accostiamo,
guida, ferma di nuovo. Un’altra breve guidata, la nuova ferma, poi
rompe, torna indietro a prendere il vento, di nuovo fila e ferma,
guida, ferma, rompe, torna indietro; riprende l’emanazione, ferma;
finalmente il bianco delle ali che si aprono, il salto, la
fucilata,il piccolo acrobata dell’aria cade nell’erba. Troviamo
diversi beccaccini, Lady si comporta superbamente e, per la verità,
ci facciamo onore anche noi; pochissimi quelli che vanno via, uno in
particolare merita l’onore delle armi. Siamo nella parte bassa della
torbiera, quella delimitata dallo “scalino” di oltre un metro. Lady
ha appena riportato un beccaccino, riparte, alza il naso, beve
il vento, fila, per qualche decina di metri e rimane schiacciata in
ferma. |
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Da sinistra: Mauro, Pietro con la bravissima Lady e Paolo | |||
Torniamo alla piazzola dove abbiamo lasciato |
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Alla sera, follie; dopo essere passati a salutare John e gli amici
Francesi, a cena al Tanker, ristorante famoso per le squisite,
piccole e saporitissime ostriche; alle quali vanno a far compagnia
un’enorme sogliola fritta, vari tipi di pesce, birra e whiskey (ma
non per Pietro, che guida). Ma non basta. Tornati ad Annascault, ci
infiliamo in un famoso Pub, il “South Pole”
dove il sabato sera alcuni musicisti locali suonano splendida musica
tradizionale, non di quella per turisti. Roba che ti mette nei piedi
la voglia di cantare e ballare anche quando sei negato per la musica
come lo sono io
In considerazione
del fatto che il pub è di fronte al Bed & Breackfast, possiamo bere
quanto vogliamo. Intendiamoci, non ci ubriachiamo mai (a me non
succede dall’Università; un numero purtroppo enorme di anni!), ma di
sonno ce ne viene davvero parecchio. |
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Al mattino partiamo per Cork, all’aeroporto ci raggiungono il figlio
ed il nipote di |
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